Burro

Il latte è un’emulsione naturale nella quale globuli e grasso stanno sospesi in un liquido acquoso.
Con il riposo tendono a salire alla superficie formando la crema o panna. Sbattendo la crema in una zangola si provoca l’ammassarsi delle particelle di grasso. L’acqua che rimane non supera il 18%. È questo il burro che, secondo la nostra legislazione, deve contenere almeno 82% di
sostanza grassa e può provenire solo dal latte di vacca. Sarebbe consentito produrlo
anche dal latte di altre specie animali, purché il nome di queste ne accompagnasse la
denominazione: questi tipi, nel nostro Paese, non hanno però alcuna rilevanza commerciale. Non è permessa l’aggiunta di sostanze estranee al latte.
Per facilitare la conservazione può essere aggiunto sale comune (burro salato); è anche consentito l’impiego di acido sorbico, in quantità non superiore a 500 mg/kg, purché sia indicato sull’involucro.
La crema destinata alla fabbricazione del burro può provenire: dal latte fresco centrifugato (burro di centrifuga, il migliore); dall’affioramento nel latte destinato alla preparazione di formaggi parzialmente scremati, come il grana (burro di affioramento o di casone); dal recupero mediante centrifugazione delle piccole quantità di grasso
rimasto nel siero dopo la preparazione dei formaggi (burro di siero).
La pastorizzazione e la sterilizzazione sono ammesse dalla legge per garantire la
qualità della materia prima e del prodotto finito.
Il burro destinato al consumo deve essere posto in vendita in confezioni originali e intere, di peso netto non superiore ad un chilo e chiuso con sigilli metallici dal produttore. Sulla confezione del burro debbono risultare, a caratteri indelebili e ben
visibili, in lingua italiana, la denominazione del prodotto, il peso netto, il nome del confezionatore e il luogo di confezione. Le drastiche disposizioni della nostra legge hanno praticamente eliminato la sofisticazione del burro con grassi estranei.

Gastronomia – La scelta dei grassi alimentari è stata nei tempi passati uno degli
elementi di base per caratterizzare la cucina di un popolo: ad esempio, l’olio d’oliva ha
caratterizzato per secoli le cucine dei popoli del bacino mediterraneo, l’olio di soia
l’Oriente, i grassi di maiale i Paesi del Nord, i grassi di montone l’Africa Settentrionale
e il Medio Oriente; le cucine basate sul burro sono state per molto tempo prerogativa
delle popolazioni più ricche. Oggi queste distinzioni si sono alquanto attenuate.
Il burro è rimasto comunque l’elemento fondamentale e insostituibile, in quasi tutte le
voci importanti del menu, dall’antipasto alla pasticceria. Di facile impiego, di sapore
gradito a tutti, dà eccellenti risultati, purché sia fresco e di buona qualità. È noto che il
burro va conservato al freddo (meglio nel freezer), avvolto nella carta pergamena o
nella stagnola della confezione originale: poiché si scioglie rapidamente, durante i
mesi caldi il burro crudo da mettere in tavola va presentato, specie se lo si modella a
riccioli con l’apposito arnese, in una ciotolina con ghiaccio.
Il burro, anche se impiegato da solo, è soggetto a diverse rielaborazioni. Il burro crudo
si impiega anzitutto, tale e quale, a pezzetti, come condimento (le cosiddette presen-
tazioni «all’inglese») su riso bollito, verdure lessate ecc., dove basta il calore della
vivanda per scioglierlo. In qualche caso, per agevolare l’amalgama con alimenti freddi
o tiepidi, il burro viene ammorbidito, lavorandolo con una spatola flessibile: a seconda
del lavoro più o meno prolungato si avranno il burro ammorbidito, mantecato e
spumoso, di grande impiego quest’ultimo nelle guarnizioni e nella pasticceria mon-
tata. E con tale operazione di ammorbidimento e impasto che si ottengono i molti tipi
di burro crudo aromatizzato: alle acciughe, con il passato di crostacei, alle diverse erbe
aromatiche (primeggia, fra questi, il burro maître d’hôtel, impastato con prezzemolo)
al curry, alla senape ecc. Impastando il burro crudo con uguale quantità di farina si ha
il burro maneggiato: serve, in piccole quantità, per legare all’ultimo momento fondi di
cottura e salse. In pasticceria e per piatti freddi montati si usano anche tipi di burro
crudo colorati usando elementi naturali (purea di spinaci, di pomodoro, succo di
carote ecc.) o colori artificiali consentiti dalla legge.
Le rielaborazioni a caldo sono numerose. Anzitutto il semplice burro fuso, quasi
identico a quello crudo: sulle tavole del Centro e Nord Europa sostituisce in molti casi,
in salsiera, l’olio d’oliva per condire pesci e verdure lessate.
Prolungando per qualche minuto il periodo di fusione, a fuoco basso, fino a quando le
eventuali impurità si depositano sul fondo del tegamino, e i residui di caseina affio.
rano in superficie, e filtrando il burro fuso attraverso una garza bagnata, si ha il burro
chiarificato, ottimo per pasticceria, vivande cotte ad alte temperature, e indispensa-
bile per le ricette indiane, che ne prevedono sempre l’impiego.

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